Vladimir Pachkov S.I.
I conflitti armati nella regione del Nagorno-Karabakh, divampati anche quest’anno, sono solo gli ultimi eventi di una disputa che ha alle spalle una storia di secoli. Senza addentrarci nella situazione attuale, che è in continuo cambiamento ed è comunque abbastanza illustrata anche dai mass media, vogliamo presentare qui la genesi di tale conflitto e il suo retroterra storico.
Poiché è fin troppo scontato che qualsiasi affermazione relativa al conflitto in atto possa essere considerata di parte, cerchiamo di basarci su fonti considerate accademiche (ad esempio, risultati di ricerche universitarie, sebbene portino alla luce avvenimenti tragici la cui presentazione può non piacere a tutti), o di esporre il punto di vista di entrambe le parti. Nel nostro tentativo di descrivere gli eventi nel modo più oggettivo possibile, cerchiamo di riferire i fatti così come emergono dalla ricerca odierna.

Il Karabakh nella storia
L’area dell’attuale Nagorno-Karabakh apparteneva ai governanti armeni sin dal VI secolo a.C., quando la prima dinastia armena indipendente stabilì il suo potere su di essa dopo il crollo del regno di Urartu1. Nella sua storia assai movimentata, quest’area è appartenuta ora a dinastie armene indipendenti, ora a potenze straniere come la Persia e Bisanzio2. Dal XV secolo, sotto il dominio dell’Impero persiano, i governanti armeni furono in grado di mantenere una certa autonomia. Nel XVIII secolo organizzarono un movimento nazionale che, con l’aiuto della Russia, avrebbe dovuto portare alla liberazione degli armeni dai persiani e dai turchi3.
Per quanto riguarda l’area del Karabakh, il nome è noto sin dal XVI secolo. A metà del XVIII secolo i nomadi turchi riuscirono a invaderla e a stabilire il cosiddetto «Khanato di Karabakh», che resse per 40 anni prima di passare sotto il controllo dell’Impero russo. Il tempo della pace in questa regione terminò con la prima Rivoluzione in Russia, quando la popolazione fu coinvolta nella cosiddetta «guerra armeno-tartara»4.

Le radici dell’attuale conflitto
Il 1918 è assurto ad anno di nascita della fase moderna dell’attuale conflitto nell’area del Nagorno-Karabakh. Dopo la firma della pace di resa tra il governo bolscevico e l’Impero tedesco a Brest-Litovsk, la zona del Caucaso meridionale fu occupata dalle truppe tedesche e turche. In una regione della provincia del Caucaso meridionale, che aveva fatto parte dell’Impero russo decaduto, fu fondato lo Stato chiamato «Azerbaigian» (nome mutuato da un’omonima provincia del nord della Persia). Il piano era di unire in un unico Stato gli ex territori russi con questa provincia persiana. L’occupazione dei tedeschi e dei turchi nel Caucaso meridionale non durò a lungo, perché questi due Imperi presto si dissolsero.
Dopo la Rivoluzione russa del 1917, il Karabakh fu inglobato nella Federazione Transcaucasica, che ben presto si divise tra Armenia, Azerbaigian e Georgia. Il territorio del Nagorno-Karabakh venne rivendicato sia dagli armeni (che all’epoca costituivano il 98% della popolazione) sia dagli azeri. Dopo la conquista bolscevica del 1920 il territorio (come pure quello del Nakhchivan) venne assegnato, per volere di Stalin, all’Azerbaigian.
Nel 1923 il Nagorno-Karabakh fu istituito come amministrazione autonoma, ma senza includere territori più vasti, storicamente parte della regione abitata dagli armeni, che invece furono posti sotto il controllo diretto dell’Azerbaigian. Centro amministrativo del Nagorno-Karabakh divenne un piccolo villaggio chiamato «Khankendi» (dal turco: «l’insediamento del khan»), ribattezzato poco dopo «Stepanakert» (in ricordo di un comunista, Stepan Shaumyan).
Quando fu istituita la regione autonoma – secondo i resoconti della riunione dell’Ufficio del Caucaso meridionale del Partito comunista del 23 giugno 1923 –, vi abitavano 158.000 armeni, 11.000 turchi (azeri) e 6.000 curdi. Inoltre, nel 1923 gli armeni costituivano quasi il 90% della popolazione non soltanto nella regione autonoma del Nagorno-Karabakh, ma anche nelle aree vicine limitrofe, dove si erano insediati in modo massiccio.
L’incorporazione dei territori armeni nella Repubblica dell’Azerbaigian come entità autonoma non soddisfece né gli armeni né gli azeri5. All’incontro con gli scrittori nel novembre 1999, Heydar Aliev, primo presidente dell’Azerbaigian, affermò che l’autogoverno del Nagorno-Karabakh era diventato una tragedia per il Paese. In effetti, in quel momento si voleva cedere quell’area all’Armenia, ma la leadership dell’Azerbaigian lo impedì, e così il Nagorno-Karabakh rimase assegnato all’Azerbaigian, ma non sarebbe dovuto diventare una regione autonoma6.
Gli armeni erano ancor meno soddisfatti. L’incorporazione della regione del Nagorno-Karabakh nella Repubblica dell’Azerbaigian portò a proteste di massa da parte armena, e nello stesso tempo portò il Nagorno-Karabakh alla resistenza armata sia contro il governo dell’Azerbaigian sia contro il dominio dei bolscevichi. Ma questo movimento venne represso7.
Negli anni Venti del secolo scorso svolgeva un ruolo importante nella politica e nell’amministrazione la Repubblica del Caucaso meridionale, una struttura al di sopra delle Repubbliche di Azerbaigian, Armenia e Georgia. La sua esistenza diminuì il potere del governo dell’Azerbaigian sui territori armeni. Gli armeni continuarono a sperare che il Nagorno-Karabakh venisse dato all’Armenia. Anche nel 1930-32 e nel 1936-37 alle riunioni delle autorità statali e del partito vennero avanzate richieste perché ciò avvenisse. Ma tali richieste non furono mai soddisfatte.
Un evento interessante ebbe luogo nel 1945, dopo la fine della Guerra, quando il primo segretario del Partito comunista dell’Armenia scrisse a Stalin, chiedendo che il Nagorno-Karabakh fosse dato all’Armenia, perché questa era la volontà della popolazione, ma anche per ragioni economiche e socioculturali. La richiesta non fu respinta, ma la governance di Mosca volle prima conoscere il parere del primo segretario del Partito comunista in Azerbaigian. Questi rispose che non c’era nulla in contrario, a condizione però che Georgia, Armenia e Daghestan dessero in cambio all’Azerbaigian il suo territorio storico (per un totale di 330.000 chilometri quadrati)8. Il governo centrale di Mosca non aveva interessi in tal senso, e così non si concluse nulla.
Durante questo periodo, ebbe luogo l’insediamento degli azeri nelle aree che erano abitate per lo più dagli armeni e ora appartenevano alla Repubblica dell’Azerbaigian: i migliori latifondi furono sottratti agli armeni per costruire insediamenti azeri. Al tempo stesso ci fu anche un processo di deportazione dell’etnia azera dalla Repubblica armena. La decisione di tale deportazione non fu presa dagli armeni, ma in una riunione del governo centrale dell’Urss il 23 dicembre 1947. A quel tempo, più di 170.000 azeri vivevano nel territorio della Repubblica di Armenia. Nel 1947, ai 60 insediamenti che all’epoca avevano nomi turchi vennero dati nomi armeni. Non è ancora chiaro quante persone di etnia azera siano state fatte sfollare con la forza: secondo fonti armene, sarebbero state 58.500, mentre gli azeri parlano di oltre 100.0009.
Aliev fu presidente della Repubblica dell’Azerbaigian dal 1993 al 2003. Egli dedicò particolare attenzione allo sviluppo della regione autonoma del Nagorno-Karabakh. Il governo costruì strade, scuole e altre infrastrutture economiche e sociali. Nell’Istituto di pedagogia della capitale della Repubblica autonoma del Nagorno- Karabakh la formazione fu resa possibile in tre lingue: armeno, russo e azero. Tutto ciò fece sì che un numero sempre maggiore di azeri etnici andasse ad abitare in quel territorio. Se nel 1970 gli azeri erano il 18% della popolazione totale del Nagorno-Karabakh, nel 1979 passarono al 23% e nel 1989 al 30%10.
La lingua armena che, quando fu istituita la regione autonoma del Nagorno-Karabakh, era stata designata come lingua ufficiale ed era la lingua della maggioranza della popolazione, nell’ordinamento del territorio del Nagorno-Karabakh adottato in Azerbaigian al tempo di Aliev (22 giugno 1981) non venne neppure menzionata11.
Gli armeni nella regione del Nagorno-Karabakh soffrivano non soltanto a causa del nazionalismo, ma anche a causa dell’ateismo. Se nel 1931 c’erano nel Paese 112 chiese e 18 monasteri, con 276 tra sacerdoti e monaci, dopo il 1932 venne chiuso tutto. Fino al 1989, in quella regione non c’è stata più alcuna chiesa dove si svolgessero le liturgie. La situazione per i cristiani armeni non è cambiata nemmeno dopo che, durante la Grande guerra patriottica contro i nazisti, Stalin mitigò le persecuzioni contro la Chiesa ortodossa russa. Dopo il crollo dell’Impero russo e fino al tempo della perestrojka, agli armeni fu impedito di sviluppare la loro identità nazionale e spirituale.

Il tempo del cambiamento
La situazione mutò di colpo nel 1988. Il 20 febbraio di quell’anno, la sessione straordinaria del parlamento del Nagorno-Karabakh invitò i Parlamenti delle Repubbliche di Azerbaigian e di Armenia, nonché dell’Urss, a consegnare la regione all’Armenia12. Il 2 settembre 1991 vennero adottati la Dichiarazione di fondazione della Repubblica del Nagorno-Karabakh e l’Appello al popolo azero e al popolo del Nagorno-Karabakh13. Il 10 dicembre dello stesso anno ebbe luogo il referendum sull’indipendenza della Repubblica del Nagorno-Karabakh14.
Purtroppo questo fu solo l’inizio di una nuova fase che avrebbe portato alla guerra. I conflitti e le voci soppresse (o tenute sotto controllo) dall’Urss esplosero durante il periodo della perestrojka e subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica. La reazione del governo dell’Azerbaigian alla decisione del parlamento del Nagorno-Karabakh di istituire la Repubblica omonima fu molto dura. E quel che è peggio, scoppiarono subito scontri tra armeni e azeri. Il primo violento conflitto ebbe luogo il 22 febbraio 1988. Secondo i racconti di testimoni oculari, diverse centinaia di azeri sarebbero arrivati nella città di Askeran per manifestare; seguì una sparatoria in cui rimasero uccisi due azeri. Ma quello che accadde successivamente – gli avvenimenti di Sumgait, che scossero l’intera Russia – può essere considerato come il pogrom armeno: il 27 e 28 febbraio 1988 vennero uccisi 26 armeni e due azeri, e 18.000 armeni dovettero fuggire.
A giugno, i Parlamenti di Azerbaigian e Armenia presero due decisioni opposte: l’Azerbaigian respinse la richiesta del Nagorno- Karabakh di unirsi all’Armenia, mentre il Parlamento armeno la accolse. Di conseguenza vi furono altri pogrom degli armeni in Azerbaigian (il più sanguinoso nella capitale, Baku). Il 12 luglio il Parlamento del Nagorno-Karabakh decise che quella regione non faceva più parte della Repubblica dell’Azerbaigian. Poiché la situazione si stava inasprendo e i violenti scontri tra armeni e azeri non cessavano, il 15 gennaio 1990, per decisione del Consiglio supremo dell’Urss, nella regione del Nagorno-Karabakh fu concesso il diritto di deroga. A Baku tale diritto fu introdotto solo il 19 gennaio, quando i pogrom erano praticamente finiti. Decine di migliaia di armeni erano fuggiti dalla capitale e da altre aree dell’Azerbaigian, mentre era iniziato l’esodo degli azeri dall’Armenia15. Questo «scambio di popolazione» finì praticamente tra il 1988 e il 199116.
Quando il 17 marzo 1991, in un referendum che si svolse sull’intero territorio dell’Urss, la maggioranza degli armeni votò contro la conservazione dell’Urss (mentre la maggioranza degli azeri votò a favore), il governo centrale di Mosca decise la repressione nei confronti della popolazione armena e, nel quadro del cosiddetto «controllo delle carte d’identità», altri armeni furono espulsi con la forza, come riferì un ufficiale del ministero degli Interni dell’Urss17. Dopo questa operazione – conosciuta come «Operazione Anello» – gli armeni diedero inizio alla resistenza armata. Fu allora che si organizzarono i primi gruppi di autodifesa, divenuti in seguito il nucleo dell’esercito armeno e dell’esercito del Nagorno-Karabakh.
Dopo il fallimento del colpo di Stato a Mosca nell’agosto 1991, in Armenia si tenne un referendum sull’indipendenza dall’Urss: il 90% della popolazione votò a favore. Il 30 agosto, il Consiglio supremo della Repubblica dell’Azerbaigian adottò la «Dichiarazione sul ripristino dell’indipendenza statale della Repubblica dell’Azerbaigian così come era esistita tra il 1918 e il 1920», e il 2 settembre fu fondata la Repubblica del Nagorno-Karabakh, che comprendeva l’ex regione autonoma del Nagorno-Karabakh e un’area abitata principalmente da armeni, al di fuori di tale regione.
Sebbene durante il periodo della Repubblica indipendente dell’Azerbaigian il territorio del Nagorno-Karabakh fosse una zona contesa e non ancora legalmente parte della Repubblica dell’Azerbaigian, il governo di Baku non volle rinunciare a esso, e così, il 26 novembre, sciolse la regione autonoma del Nagorno-Karabakh. Il 10 dicembre in essa si tenne un referendum, in cui il 99% della popolazione votò per l’autodeterminazione di questa piccola Repubblica sub-caucasica.
Come conseguenza di queste decisioni contrastanti, scoppiò la guerra, durata dal gennaio 1992 al maggio 1994. L’Armenia non era ufficialmente coinvolta in tale conflitto, anche se il Paese era di fatto dalla parte degli armeni che vivevano nel Nagorno- Karabakh. Questa guerra non si concluse con un trattato o un accordo di pace, ma solo con la decisione del cessate il fuoco. Gli ordini di armistizio furono firmati dai rispettivi ministri della Difesa. In pratica, gli armeni acquisirono il controllo della regione autonoma del Nagorno-Karabakh e di alcuni territori circostanti prevalentemente armeni, cosa che la parte azerbaigiana non riconobbe. Da allora, questo cessate il fuoco è continuato – sempre con qualche incidente – fino agli eventi di quest’anno, quando la leadership azera ha cercato, con il sostegno turco, di ottenere il controllo della regione.
Nella notte tra il 9 e il 10 novembre scorso il presidente azero Ilham Aliyev, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente russo Valdimir Putin hanno firmato una dichiarazione che sancisce la fine delle ostilità in Nagorno-Karabakh. Un’intesa raggiunta, quindi, con la mediazione di Mosca: è stato Putin in persona a dare l’annuncio dell’accordo. A questo, però, ha fatto séguito la reazione furente di centinaia di armeni, che hanno invaso le sedi del Parlamento e del governo di Erevan, devastando gli uffici e accusando di tradimento Pashinyan.

Conclusioni
Concludiamo con un episodio personale. In Russia ci sono grandi diaspore di armeni e azeri. Non lontano dalla casa in cui sono nato, un armeno ha comprato un pezzo di terra, ha costruito un negozio e l’ha affittato a un fruttivendolo dell’Azerbaigian. Quando è stato chiesto a questo azero: «Ora c’è guerra in Karabakh tra armeni e azeri. Quali sono i tuoi rapporti con il tuo socio in affari armeno?», egli ha risposto: «La guerra è tra i magnati e i politici. Noi non abbiamo niente a che fare con questo».
Se le persone semplici – sia armeni sia azeri – riescono a stare in pace e a vivere in amicizia tra loro, si può sperare che anche questi popoli, sebbene nel contesto di un territorio dilaniato da molti scontri e ferite aperte, possano in avvenire riuscirci.
1. Cfr R. H. Hewsen, «The Kingdom of Artsakh», in T. Samuelian – M. E. Stone (edd.), Medieval Armenian Culture, Chico, CA, Scholars Press, 1984.
2. Cfr ivi.
3. Cfr А. В. Суворов и русско-армянские отношения в 1770-1780-х годах («A. V. Suvorov e le relazioni russo-armene negli anni 1770-1780»), Yerevan, Hayastan, 1981.
4. È definita «guerra armeno-tartara», perché il termine «azeri» non venne utilizzato fino agli anni Trenta. Cfr N. A. Troinitsky (ed.), The First Russian Imperial Census of 1897, St. Petersburg, Publication of the Central Statistical Committee of the Ministry of the Interior, 1899-1905.
5. Cfr https://cyberleninka.ru/article/n/sotsialno-politicheskie-prichinyvozniknoveniya- mezhetnicheskogo-konflikta-v-nagornom-karabahe-ivokrug- nego-v-kontse-1980-h-nachale-1990
6. Cfr «Il discorso di Aliev all’incontro con gli scrittori dell’Azerbaigian», in Бакинский рабочий («Il lavoratore di Baku»), 11 dicembre 1999.
7. Cfr https://cyberleninka.ru/article/n/sotsialno-politicheskie-prichinyvozniknoveniya- mezhetnicheskogo-konflikta-v-nagornom-karabahe-ivokrug- nego-v-kontse-1980-h-nachale-1990
8. Cfr https://cyberleninka.ru/article/n/deportatsiya-azerbaydzhantsev-izarmyanskoy- ssr-1947-1953-gody
9. Cfr ivi.
10. Cfr R. Usubov, «Nagorno-Karabakh: la missione di salvataggio iniziò negli anni 70», in Panorama, 12 maggio 1999. Usubov scrive: «Si può dire senza esagerare che dopo l’arrivo di Heydar Aliyev alla guida dell’Azerbaigian, gli azeri del Karabakh si sono sentiti i padroni della regione. Negli anni Settanta è stato fatto molto lavoro. Tutto ciò ha causato un afflusso di popolazione azera nel Nagorno- Karabakh dalle regioni circostanti: Lachin, Agdam, Jabrail, Fizuli, Agjabedi e altre. Tutte queste misure, attuate grazie alla lungimiranza del primo segretario del Comitato centrale del Partito comunista dell’Azerbaigian, Heydar Aliyev, hanno favorito l’afflusso della popolazione azera. Se nel 1970 la quota degli azeri nella popolazione dell’NKAO era del 18%, nel 1979 era del 23% e nel 1989 superava il 30%».
11. «Legge della Repubblica socialista sovietica dell’Azerbaigian “Sulla Regione Autonoma del Nagorno-Karabakh”, adottata dal Consiglio supremo dell’AzSSR il 16 giugno 1981, introdotta il 22 luglio 1982», Baku, Azerneshr, 1985, 51.
12. Cfr «Materiali della sessione straordinaria del Consiglio dei deputati popolari della regione autonoma del Nagorno-Karabakh», XX convocazione, Karabakh sovietico, 21 febbraio 1988.
13. Cfr Archivio di Stato della Repubblica del Nagorno-Karabakh, F. 1. Op. 2. D. 309. St. 42.
14. Cfr Protocollo della Commissione elettorale centrale sui risultati della votazione al referendum della Repubblica del Nagorno-Karabakh, Archivio di Stato, F.1 Op. 2. D. 332. St. 28. L. 6-8.
15. Cfr https://cyberleninka.ru/article/n/k-30-letiyu-nagorno-karabahskogo-konflikta- klyuchevye-sobytiya-do-i-posle-raspada-sssr
16. Cfr S. M. Markedonov, Де-факто образование постсоветского пространства: двадцать лет государственного строительства («Formazione degli Stati de facto dello spazio post-sovietico: vent’anni di State Building»), Yerevan, Istituto del Caucaso, 2012, 208.
17. Cfr V. Krivopuskov, Мятежный Карабах. Из дневника офицера МВД СССР («Karabakh ribelle. Dal diario di un ufficiale del Ministero degli affari interni dell’Urss»), Mosca, Golos Press, 2007, 200 s.